martedì 29 ottobre 2013

Divorzio all'islamica in Viale Marconi


" Mi viene spontaneo chiedere: l'immigrazione non è in fin dei conti una forma di gioco d'azzardo?  Vincere tutto o perdere tutto? "
                       Amara Lakhous

                                                                                                                                                                                 




giovedì 24 ottobre 2013

FESTIVAL DEL TULIPANO

Ottobre è il mese che vide nascere una storica, coloratissima ed inebriante tradizione locale.
Nei primi anni '50 la Konynenburg & Mark, un'impresa olandese, dopo un fallimentare esperimento in Tunisia, approdò sulle piane del fiume Tevere a Monterotondo. Qui sperimentò con successo l'acclimatazione dei bulbi di tulipano che dopo la fioritura, verso marzo-aprile, venivano lasciati a riposo per poi essere trasferiti in Olanda a fine giugno e piantati in apposite serre, dove rifiorivano precocemente proponendosi così al mercato florovivaistico, con netto anticipo rispetto agli altri produttori.  
La prima piantumazione avvenne sulla proprietà di Giorgi Manforti, ad ottobre del 1951. Di lì a breve una miriade di gemme spuntarono creando un vero e proprio arcobaleno in terra. I fiori appena sbocciati venivano recisi e gettati nel fiume Tevere, l'effetto ottico era sorprendente, il fiume si trasformava in un soffice letto di petali in sinuoso, continuo movimento e i tiepidi raggi del sole primaverile, permettevano al profumo di librarsi nell'aria. 
L'idea di utilizzare il primo taglio dei tulipani per allestire carri folcloristici, iniziò a farsi strada nell'estate del 1953, quando Vittorio Alessandroni di ritorno dall'Olanda, dove aveva frequentato un corso di perfezionamento sulle tecniche colturali dei bulbi, raccontò al fratello Massimo detto "Marsichella" anch'egli assunto dalla Konynenburg, di aver visto dei meravigliosi carri floreali. Fu così che, dopo un paio di anni, i monterotondesi diedero vita alla prima edizione della Sagra del Tulipano.
Dopo aver chiesto ed ottenuto il nulla osta dell'azienda a poter utilizzare le teste di tulipano, che sarebbero comunque state gettate nel fiume, non rimaneva che individuare i personaggi con più carisma e competenze, che avrebbero organizzato, guidato e gestito il grande evento.
Furono chiamati in causa il prof. Franco Vanni che inaugurò la prima Pro Loco in Via Gramsci insieme al gruppo "Rieccoce Qua", con presidente Paolo Adoncecchi detto "Paolucciu".


Furono impiegati ben 4.000.000 di tulipani, il successo fu straripante e la manifestazione ebbe risonanza a livello nazionale.
Visti i risultati, gli anni a seguire, si andarono perfezionando le svariate tecniche e le competenze che occorrevano per la realizzazione dei carri: ebanisti, fabbri e maestri artigiani a vario titolo, ebbero modo di mettere in mostra le loro opere e mettersi in luce, di fronte ad un vastissimo pubblico entusiasta.
Il Festival del Tulipano fu di fondamentale importanza per l'economia di Monterotondo e zone limitrofe, l'indotto che generava la fiorente produzione di narcisi, iris e fiori da bulbo in genere diede un grandioso impulso alla nascita e alla crescita delle aziende del territorio.
Gli esperti locali furono talmente bravi, raggiungendo livelli ammirevoli nel perfezionamento della tecnica colturale dei tulipani che, verso la metà degli anni '70, i bulbi raggiunsero livelli di resistenza e produttività tali da permettere alla famiglia Konynenburg di riportare la produzione in Olanda, risparmiando notevolmente su costi di trasporto e gestione della merce.
Questo determinò seppure non immediatamente, un disinteresse diffuso da parte dei coltivatori locali, verso la coltura di questo fiore unico al mondo nella sua sorprendente beltà. Di conseguenza il Festival del Tulipano vide il suo declino e andò pian piano a scomparire, lasciando però nel cuore e nella mente dei carristi, dei partecipanti e degli anziani di oggi, indelebili ricordi all'insegna della felicità, della festa e della condivisione.

Un particolare ringraziamento va a Massimo Chiavistelli per gentile concessione del materiale fotografico e cartaceo.
Fonte: "Festival del Tulipano" editore Piero Leonardi; narratore Mauro Felici. 

domenica 13 ottobre 2013

ORTI URBANI

Sarà un tormentone destinato a finire nel dimenticatoio entro breve, oppure si sta radicando una mentalità "eco" nei cittadini del 2000? Sta di fatto che di orti urbani se ne sente parlare sempre più spesso e l'interesse generale sembra intensificarsi, in merito all'argomento; bene, anzi benone! Sì perché a parer mio, l'espandersi di questi progetti, che vedono rinascere aree urbane, spesso abbandonate, ha solo ed esclusivamente lati positivi. Uno tra tutti la convivialità, negli orti condominiali ci si può incontrare, scambiarsi idee, fare la conoscenza di persone che abitano nel nostro stesso stabile, ma che non abbiamo mai guardato negli occhi. Quanti di noi, presi dalla routine lavoro-casa-famiglia-lavoro incontrando il vicino della porta accanto al supermercato o alla posta a far la fila, non lo riconoscerebbero neanche? molti, credo. Quante saranno le volte che ci soffermiamo a fare due chiacchiere con il condomino, invece di salutarlo con un freddo e distratto buongiorno senza neanche alzare gli occhi da terra; poche volte, se non mai. La società moderna ci vede uomini e donne in carriera, gli anziani seduti ad un tavolino di un bar anonimo, o su una qualche panchina in strada, se non peggio parcheggiati sul divano, con l'unica compagnia auspicabile, la TV, mentre i bambini stanno incollati davanti ai videogames.Triste vero?
Deleterie abitudini hanno preso ormai il sopravvento, ma non disperate ...... una cura c'è! Gli orti urbani ovviamente. In molte città italiane associazioni locali, privati o pubbliche amministrazioni si sono già attivate, e sembra con ottimi risultati. La possibilità per chiunque lo desideri, di occuparsi di un piccolo appezzamento di  terra da coltivare è colta come una grande opportunità; infatti come dicevamo i pro sono svariati. Produrre localmente frutta e verdura da poter consumare in famiglia e non solo, la filiera è più che controllata: produttore e consumatore sono la medesima persona. Volendo l'eventuale surplus di produzione si può vendere, così si proporrebbe un prodotto a Km 0, che non avrà subìto sbalzi di temperatura nello spostamento tra celle frigo e container, un prodotto ovviamente biologico, chi di noi concimerebbe con prodotti chimici o tratterebbe con pesticidi alimenti destinati alla propria tavola. Inoltre la diversificazione nelle varietà coltivate, andrebbe in netto contrasto con lo sfruttamento intensivo delle mega coltivazioni gestite dalle multinazionali.
Riappropriarsi e rivivere in maniera attiva il proprio territorio, è un terzo elemento a favore di queste iniziative. Guardiamoci intorno, nel nostro quartiere, nella nostra zona, a due passi da casa quanti di noi noterebbero dei terreni totalmente abbandonati a se stessi? In ogni metropoli, ma anche nei centri meno urbanizzati, ci sono decine e decine di questi luoghi dove il degrado prende il sopravvento, i comuni troppo spesso non hanno liquidità sufficiente in cassa per bonificare queste aree, che diventano terreno fertile per  loschi affari, vere e proprie discariche a cielo aperto, in poche parole terra di nessuno. La pratica ortiva permette di riqualificare questi luoghi, di ridargli nuova vita, a costo praticamente zero per i comuni e con un guadagno incalcolabile a livello etico, e di virtuosità. Inoltre il fatto di non dover spender soldi per la manutenzione di un terreno, di cui si occuperebbero i coltivatori, non sarà un guadagno ma un risparmio certamente sì. Non vi ho ancora convinti ?!
Ho altre carte da giocare: l'impatto educativo, sarebbe infatti estremamente importante coinvolgere i bambini sin dalla più tenera età, rendendoli parte attiva nella coltura di piante, frutta e verdura. I nostri giovani crescono totalmente ignari delle caratteristiche e potenzialità del mondo contadino; al giorno d'oggi approcciare l'ambito agricolo con mentalità imprenditoriale e sfruttando le nuove tecnologie, può avere risvolti lavorativi inimmaginabili. Abbandoniamo lo stereotipo dell'agricoltore analfabeta, trasandato che si sveglia prima del canto del gallo per andare a zappar terra e badare al bestiame. Le mansioni restano ovviamente sempre le stesse, ma con gli strumenti ed i macchinari ultra moderni che il mercato offre, e la sapienza, le conoscenze dei nostri cari anziani il connubio è esplosivo!